Immaginiamo di mettere in bocca del cibo, qualcosa che ci piaccia molto, che vorremo mangiare per pranzo o per cena. La nostra bocca è ricca di recettori nervosi capaci di rilevare molte caratteristiche del boccone che stiamo per assaporare: consistenza, temperatura, sapidità, ecc. Prima ancora di portare il nostro cibo alla bocca, i recettori olfattivi comunicheranno con il nostro cervello e attiveranno i riflessi condizionati della salivazione e della deglutizione, per preparare il cavo orale ad accogliere il cibo. Alcune percezioni sensoriali del naso e delle labbra potrebbero suggerirci di soffiare sul cibo per raffreddarlo, soprattutto se il calore percepito prima di portarlo alla bocca viene accompagnato dalla visione del vapore caldo. Se abbiamo già mangiato in passato lo stesso cibo che stiamo per consumare, la memoria propriocettiva ci metterà più facilmente nella condizione di regolare l’intensità della masticazione, la posizione e il movimento della lingua, la postura delle labbra e la contrazione delle guance. Il nostro cavo orale, infatti, si comporterà diversamente a seconda che ci si aspetti di mettere in bocca un cibo caldo o freddo, croccante o morbido, spugnoso o friabile.

Una volta che la nostra lingua sarà entrata in contatto con il cibo, inizieremo a masticare variando l’intensità e la velocità in funzione della consistenza del cibo.
Se il cibo fosse troppo caldo, lasceremmo le labbra socchiuse per raffreddarlo, aumenteremmo la quantità di saliva prodotta e sposteremmo velocemente il boccone da una parte all’altra, per evitare di scottarci. Se si trattasse di un alimento acquoso, serreremmo le labbra, per evitare la fuoriuscita di liquido, e limiteremmo l’intensità della masticazione e della salivazione. Durante la masticazione il senso del gusto verrà attivato e il cervello elaborerà tutte le percezioni registrate, confrontandole con quelle immagazzinate in memoria, giudicando la bontà di quanto mangiato e tutte le caratteristiche organolettiche: è migliore dell’ultima volta? È buono? È tossico? È fresco?
La lingua e il palato frizioneranno il boccone durante la masticazione ammorbidendolo per prepararlo alla deglutizione. Se le informazioni rilevate dalla lingua non percepissero un cambiamento di consistenza durante la masticazione, il riflesso della deglutizione non si attiverebbe, segnalandoci di continuare a masticare: un po’ quello che succede quando mangiamo una gomma da masticare, un pezzo di cocco fresco o della carne troppo dura.

Una volta ingoiato il boccone, lingua, labbra e guance effettueranno una ricerca di residui di cibo eventualmente non ancora ingeriti. Il sapore percepito diminuirà rapidamente e se non mettessimo altro cibo in bocca, lingua e palato continuerebbero a frizionarsi per alcuni secondi, per assaporare gli ultimi frammenti di cibo, prima di tornare nella posizione di riposo. I cibi con sapore più deciso possono lasciare una traccia gustativa per parecchi minuti; per altri cibi più delicati, il sapore dura in bocca poche decine di secondi.

Molti di noi, durante il pranzo o la cena, specie quando si siedono a tavola con un certo appetito, sono soliti portare il cibo alla bocca con una certa rapidità e continuità, senza aspettare il calo della traccia gustativa, per non interrompere il piacere del pasto. In alcuni casi potremmo essere portati a scegliere bocconi più grandi, così da aumentare l’intensità del sapore e il relativo piacere connesso. In altri casi, specie quando le quantità sono limitate, potremmo scegliere la strategia opposta, valorizzando il cibo con bocconi più piccoli, per aumentare la durata del pasto.

Dopo aver ingerito un certo numero di bocconi, termineremo di mangiare. Questo momento, apparentemente naturale, risulta essere più complesso di quanto si possa credere. Normalmente smettiamo di mangiare per uno dei seguenti motivi o, più precisamente, per una combinazione di questi motivi:

1) Sazietà

2) Fine del cibo disponibile

3) Decisione personale di limitare il cibo consumato

La sazietà è la prima motivazione che ci spinge a interrompere il pasto. È una condizione ben conosciuta e può essere dimensionata in almeno in tre livelli: normale sensazione di sazietà, piena sensazione di sazietà, disgusto da sazietà.

La sazietà è una sensazione che si percepisce progressivamente, durante il pasto. Generalmente è necessario attendere almeno 10/15 minuti dopo aver terminato di mangiare, prima di avvertirla. A causa di questo tempo di latenza, specialmente per coloro che mangiano velocemente, ci si potrebbe sentire sazi troppo tardi, quando le quantità consumate hanno superato ampiamente quelle necessarie a sfamarci. Questa condizione è molto comune tra i mammiferi, e ha una spiegazione evolutiva semplice: permette di mangiare più del necessario così da conservare riserve di energia sotto forma di grasso, nel caso in cui il cibo scarseggiasse.

Il tempo di latenza tra il senso di sazietà e l’interruzione dei pasti è probabilmente tra le prime cause del sovrappeso. Tuttavia, occorre precisare che molte persone tendono a consumare alcuni tipi di cibi e di bevande anche in assenza di appetito o di sete. Questi alimenti generalmente sono ricchi di zucchero o sale. Non sono prodotti allo scopo di nutrire, ma più precisamente servono a generare sapori intensi e piacevoli. Questi cibi, soprattutto quelli a base zuccherina, producono anche un certo grado di dipendenza (non paragonabile a quello delle droghe o del tabacco, ma comunque significativa). La nostra tendenza a consumarli abitualmente, come comportamento sociale o personale, contraddistingue un’altra tra le cause del sovrappeso, soprattutto tra i bambini e gli adolescenti.

La seconda motivazione che ci spinge a interrompere il pasto è la fine della disponibilità di cibo nel piatto. Nonostante procurarsi cibo sia relativamente semplice e la maggior parte delle persone occidentali non patisca la fame, il cibo non è sempre disponibile in qualunque luogo o a qualunque orario, e viene generalmente regolato sulla base del fabbisogno energetico stimato. Condividere il pasto in famiglia o con altri componenti di una comunità, prevede che si consumino porzioni più o meno uguali e in orari prestabiliti. Naturalmente le porzioni e gli orari possono variare, ma al di là di piccole differenze, i gruppi di individui (famiglie o comunità), tendono a consumare porzioni adeguate in specifici momenti della giornata. Si pensi alla preparazione di un pranzo per cinque persone adulte: al momento del razionamento dei piatti, si manterrà una divisione pressoché standard, indipendentemente dall’appetito e dalla differenza di peso corporeo dei commensali. Questa condizione è ancora più evidente durante i pasti consumati nei ristoranti con ordinazione alla carta: le porzioni sono tutte uguali e generalmente piuttosto contenute. In un ristorante non si è soliti ordinare due volte la stessa portata, pertanto chi termina le sue porzioni sarà portato a terminare il pasto, indipendentemente dall’appetito o dal desiderio di continuare a mangiare. Inoltre la maggior parte dei ristoranti è aperta solo in certi momenti della giornata, e questo rende il cibo meno disponibile. Nei fast food, nelle rosticcerie o nei locali con pasti a buffet, magari aperti h24, si tende a smettere di mangiare solo dopo la piena sazietà. Sappiamo infatti che mangiare in famiglia cibo cucinato a casa ad orari regolari, con commensali abituali, risulta essere più protettivo e salutare di mangiare in modo irregolare. Ancora meno protettivo sembra essere mangiare da soli fuori casa, consumando cibo preconfezionato o precotto, sulla base del nostro desiderio.

L’ultima tra le motivazioni elencate riguarda la decisione personale di limitare il cibo consumato. Decidere cioè di interrompere il pasto ignorando il desiderio di continuare a mangiare. Questa condizione è molto frequente nella nostra realtà, e viene definita tipicamente “dieta”. Nonostante il termine dieta si riferisca, in realtà, al tipo di alimentazione seguita da ogni persona, nei fatti il più delle volte si identifica con il tentativo di controllare il desiderio di cibo, al fine di ridurre la quantità di grasso accumulato. Non serve spiegare le motivazioni che ci spingono a controllare la quantità di cibo ingerito, perché sono facilmente intuibili. Quello che a volte dimentichiamo, invece, è che questo tentativo espone il soggetto a una serie di esperienze contrastanti e spesso negative, che coinvolgono processi psichici e comportamentali specifici.

Prima di iniziare una dieta si dovrebbero conoscere bene questi meccanismi, per poterli controllare e contenere durante l’intero percorso. I modelli alimentari pensati per dimagrire basano la loro efficacia prevalentemente sulla riduzione del numero di calorie assunte e sulla combinazione dei cibi da consumare, dimenticando l’importanza degli aspetti psicologici alla base del dimagrimento. Gli psicologi esperti nel controllo del peso corporeo, come i professionisti del team di Specchio Alimentare, aiutano i partecipanti a sviluppare tecniche per controllare il consumo incongruo di cibo, suggerendo comportamenti funzionali a raggiungere un buon equilibrio.
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